Ancora oggi regna molta confusione attorno al concetto di sordità. Chi sono i sordi? Quanti sono? Disporre di dati precisi e ufficiali è pressoché impossibile, dato che solo un medico può determinare il grado di sordità di un soggetto.
La sordità è una riduzione più o meno grave delle facoltà uditive. Diversi sono i fattori da tenere in considerazione, tutti strettamente connessi l’uno all’altro: l’età in cui è avvenuta la riduzione dell’udito, i decibel effettivamente perduti e il metodo linguistico rieducativo adottato.
Anagraficamente, è molto importante capire se il soggetto ha perso l’udito prima (da 0 a 1 anno), durante (da 1 a 12 anni) o dopo l’apprendimento linguistico (oltre i 12 anni), distinguendo una sordità pre-, peri- e postlinguale.
Da un punto di vista clinico, la tassonomia si basa sui decibel di udito perduti:
Se nei primi due casi i problemi sono di lieve entità e grazie all’ausilio di protesi e una buona logopedia si possono ottenere ottimi risultati, negli ultimi due la percezione uditiva è pressoché azzerata e si deve ricorrere a una logopedia lunga e complessa. Erroneamente si tende a considerare “sorde” solo queste ultime due categorie.
Di estrema importanza è il metodo linguistico di educazione. Se ne distinguono principalmente due:
Sebbene esista anche il metodo bilingue, che non vede incompatibilità di sorta tra i due e mira all’apprendimento di entrambi, si è decisamente affermato quello oralista.
Tale distinzione è importante anche da un punto di vista socioculturale per l’identificazione dei sordi nelle rispettive comunità di appartenenza (udente/non udente).
Contrariamente a quanto si possa pensare, infatti, gli oralisti appartengono alla comunità di udenti, conoscono l’italiano parlato e scritto (essendo la loro madrelingua) e apprendono la LIS eventualmente come lingua straniera. I segnanti, invece, si identificano nella comunità non udente, hanno la LIS come lingua madre e imparano l’italiano come prima lingua straniera.